Il primo passo.
il Blog di Al Flender
martedì 3 luglio 2018
La lama
La lama.
"Non ci si difende da uno bravo col coltello."
Cazzate, aveva pagato fior di quattrini un corso di difesa personale, da coltelli e lame, e adesso arriva questo video su youtube di un essere sconosciuto che se ne esce con una frase così fredda e immediata
"Non fatevi ingannare, non ci si difende da uno bravo col coltello e io vi sfido a togliere un pugnale ad uno come me, che lo sa usare."
Eppure le proiezioni, le leve, i disarmi, in palestra funzionavano.
Era riuscito ad imparare come agire al meglio, a piegarsi velocemente sulle gambe, a disarmare l’avversario armato a suon di sudore e sacrifici. Oramai sapeva uscire da tante simulazioni, ma questo video gli si insinuò in testa, fin nei suoi più intimi dubbi.
E se avesse ragione?
Andò ad aprire un tiretto in cucina. Prese un coltello, di quelli grandi e mimò due leve su di sé, per disarmare un ipotetico avversario.
Non è possibile, lo so fare, pensò. Pose il coltello sul tavolo e uscì di casa. Sotto la pioggia, corse verso l’auto e partì per andare a lavoro.
Giunto sul posto, si accorse che qualcosa non andava: cosa aveva dimenticato? Oggi si sentiva diverso.
Sarà stato quel video? Erano diversi mesi che oramai, finiti i corsi di difesa personale, andava in giro sicuro delle proprie capacità. Aveva anche provato a difendere una ragazza in spiaggia, una sera, durante una passeggiata, credendo che qualcuno le si stesse avvicinando con fare minaccioso, come se volesse estrarre un coltello. Era pronto, prontissimo a disarcionare il presunto delinquente e a prendersi i baci di ringraziamento della ragazza.
Ma, per sua sfortuna (o, molto probabilmente, fortuna) quel signore non aveva intenzioni da spadaccino e tutto finì in un nulla di fatto.
A lavoro prese un taglierino, lo estrasse fino alla massima posizione, chiuse gli occhi e fece per ferirsi al ventre con la mano destra, mentre con la sinistra si bloccava il polso della mano armata, lo ruotava e gli faceva perdere la presa sulla lama da ufficio.
Tirò un sospiro di sollievo.
Era ancora lui.
Si tranquillizzò…fino al momento di fare la spesa al supermercato. Purtroppo il macellaio lavorava con in bella mostra una lama grande come quella di un machete, o forse di più, esattamente simile ai coltelli più grandi con cui si era allenato in palestra, in uno dei corsi più avanzati di qualche mese prima.
Eppure, vedendo come il mastro usava l’arnese, qualche dubbio lo assalì.
Avete mai visto un macellaio, quando porta il suo mega coltello in aria e lo fa scendere con forza, fino a toccare il piano, urtandolo con un tonfo e tanta soddisfazione, non prima di aver tagliato carne e ossa?
Ecco, quel gesto lo fece trasalire. "E se mi capitasse un tizio del genere di fronte???"
Ma lui lo sa che, applicando la forza giusta, con la lama corretta, una spada non taglia ma addirittura frantuma le ossa? Così i samurai giapponesi tagliavano la testa ai nemici, con le katana. Dall’alto al basso, senza altri movimenti se non quello dall’alto in basso. Giusto un lievissimo effetto per agevolare la penetrazione sul collo.
Il macellaio sapeva queste cose? Probabilmente no, e non ci avrà mai pensato. Il nostro eroe, invece, conosceva questa e tante altre cose, eppure…mille paure si aggrapparono al suo interno.
Non potè aspettare oltre: corse a casa, si chiuse a chiave, prese lo stiletto che gelosamente custodiva, lo impugnò con la lama verso il basso, alzò la mano destra, chiuse gli occhi, si concentrò sul respirò, strinse il coltello al meglio che gli riuscì (con presa né troppo stretta né troppo leggera), piegò leggermente le gambe, urlò con quanto fiato aveva in gola, inspirò quanta più aria riuscisse a mettere in corpo…e calò il fendente.
Con la sinistra difese e attaccò al tempo stesso la sua mano armata, ma ci mise un secondo di troppo. Si era intrecciato un po' tutto con i movimenti.
Un bruciore attraversò il basso ventre, da sotto l’ombelico fino ai genitali, unito ad una sensazione fastidiosa di vertigine bassa e profonda.
"No, non può essere così grave. Cosa potrà mai essere di così irreparabile?"
Non poteva credere ai suoi occhi: il manico dello stiletto spuntava sopra la cinta, a 45 gradi verso l’alto, il che lasciava presagire che sì, si era conficcato tutta la lama in pancia, e forse anche più giù. Ecco spiegato quell’improvviso caldo nei pantaloni, probabilmente era sangue che usciva, oramai copiosamente, dalla ferita. 112, 118, devo chiamare qualcuno, dov’è il telefonino, che imbecille, telefono, aiutooo. Quasi ebbe paura a chiedere aiuto, si vergognava troppo del gesto insensato che aveva commesso. Oramai in ginocchio, con la vista che si andava annebbiando, iniziò a scuotere la testa, come per dire…che imbecille.
Dicono che ti passi tutta la vita davanti, in quei momenti estremi. A lui passarono soltanto le immagini del macellaio, dei fendenti, delle lamette da barba, dei pugnali volanti, del machete d’allenamento.
Cosa era andato storto?
Cadendo in avanti, l’impugnatura dello stiletto non fece altro che spostare la lama fino a provocargli un male lancinante. Fu così che iniziò a desiderare di morire, morire per il troppo dolore.
Morire perché era un imbecille e non meritava più di vivere.
"Dannazione, fa male, cazzo!"
Bisognava chiedere aiuto. Con l’ultimo barlume di forze che trovò, si rimise in ginocchio, riuscì a mettere la mano sul tavolo sperando di trovare un telefono, un fischietto, qualcosa per attirare l’attenzione, invece riuscì solo ad aggrapparsi alla tovaglia e a cadere, di nuovo per terra, con tutta la roba che gli finì addosso.
E con il coltello da cucina che gli cadde davanti agli occhi.
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lunedì 2 luglio 2018
Una scarpa nel buio
Quella che segue è una storia vera.
Erano lì, uno di fronte all’altra, in un parco, all’imbrunire, seduti in mezzo a due querce secolari.
Alla loro sinistra, una ringhiera, oltre la quale s’intravedevano gli ultimi due piani di un palazzo anni ’60, o forse anni’70, non ristrutturato ma neanche da demolire, di un pallido color giallo. Lo stabile partiva da qualche metro più in basso, al di là della ringhiera, e si ergeva per un totale di quattro o cinque piani.
Tutti e due erano a gambe incrociate e si stavano baciando. Tra un gioco e uno scherzo, all’improvviso lui le tolse la scarpa e la lanciò con la mano sinistra verso il palazzo, fino a far toccare la ringhiera alla scarpa, purtroppo, fino a fargliela superare.
La scarpa, insomma, volò giù.
Giù, lì sotto. Finita la magia. Finito il bacio. Finita la posizione da innamorati. Oramai lei era già in piedi (anzi, su un piede) che urlava vendetta. Chissà perché, erano entrambi convinti che lì sotto ci passasse un canale, o un piccolo corso d’acqua.
Inutili le richieste di perdono: bisognava recuperare la scarpa.
Avvicinatosi alla ringhiera, Alex vide che sotto, a lato del palazzo (che distava circa 10 metri dal muro) vi era un campetto da calcio, del tipo di quelli da oratorio. Forse quel palazzo era una vecchia struttura ricreativa, o una casa di cura. Oppure, una via di mezzo. Comunque, non si vedeva nessuno né dentro, né fuori, né nel campetto.
Ovvio che Alex cercò un modo per scendere, ma invano.
L’unico modo per arrivare al campetto e recuperare l’oggetto caduto era entrare nel palazzo.
Non fu così difficile: attraversata una passerella, bastò spingere la porta. Si trovò in un atrio in penombra, dove riuscì a scorgere un’altra porta. La spinse notando che era di compensato leggero.
Alex si trovò in una stanza, in penombra. Non riusciva a vedere bene, notò tuttavia il pavimento realizzato da mattonelle che si usavano almeno 50 anni prima. Non trovò l’interruttore della luce ma provò lo stesso ad attraversare la stanza. Qualcosa su quattro zampe, un cagnolino probabilmente, si fece incontro, scampanando un campanellino di quelli usati dai gattini, o dai cani di piccola taglia. Non riuscì a vederlo bene nell’attraversare di corsa la stanza, attratto da una porta in fondo, aperta la quale si trovò delle scale. Tentò di lasciare il cagnolino dietro di lui, chiudendo velocemente la porta e ci riuscì. Appena scese di un piano si trovò un’altra porta, diversa da quella di sopra. Quelle sopra erano infatti con il telaio leggero, questa era un po’ più pesante e fece più fatica ad entrare.
Un po’ più in penombra, attraversò l’altra stanza e verso la fine sentì un miagolio di un gattino. Lasciatosi anche questo alle spalle, uscendo dalla stanza ancora più in penombra della precedente, scese la nuova rampa che si trovò di fronte. A sensazione sarebbero dovuti essere quattro piani, si pentì di non averli contati bene quando ancora poteva vedeva il palazzo dall’alto. Oramai era dentro e capì che effettivamente doveva trattarsi di un istituto, a questo punto ex-istituto, dove comunque qualcuno aveva abbandonato degli animali. Iniziò a sentirsi strano.
Questa nuova porta era in legno pieno, soltanto accostata. Non fu molto sorpreso di entrare in una stanza enorme, simile a quelle dei piani di sopra e di nuovo non trovò l’interruttore della luce. Ma questa volta sentì un respiro e capì che doveva essere qualcuno che stava dormendo. Ai piedi della porta, che dava verso la nova rampa per scendere, urtò qualcosa di morbido e duro allo stesso tempo. Alex capì che doveva trattarsi di un altro cane, infatti emise un latrato, ma oramai aveva lasciato la porta alle spalle e riuscì a chiuderlo nella stanza. Aveva il cuore a 1000, ed era convinto di dover scendere soltanto un altro piano. Si pentì amaramente di essere entrato in quella struttura, un senso di oppressione oramai lo stava avvolgendo e qualche gocciolina di sudore freddo iniziava a fare capolino dalle tempie.
Scese un altro piano e dovette spingere con forza la porta, in pesante legno, che non era perfettamente allineata, quindi non riuscì a richiuderla dietro di sé. Si domandò quale tipo di animale vi fosse in quella nuova stanza, attraversandola in punta di piedi.
La paura d’incontrare qualche cane pericoloso era molto viva.
Sentì tuttavia un altro miagolio, questa volta di un gatto decisamente maturo. Uscì dalla stanza oramai quasi totalmente buia e si ritrovò in un pianerottolo che non aveva più scale, ma un’altra porta in ferro che dovette aprire con una spallata.
Completamente spaesato, si ritrovò in un androne che evidentemente portava fino al campetto.
Alex era finalmente all’aperto, aveva avanti a sé il muro e cercò la ringhiera alzando gli occhi, sperando di trovarvi Betty. Con immensa delusione si accorse che non vi era nessuno.
Si avviò verso il campetto e vide che era recintato e chiuso da un cancello. oltretutto, dietro al cancello dormiva sornione un cane di tipo PitBull o qualcosa del genere. Bianco e marrone, era sdraiato e aveva la schiena poggiata alla rete.
Stanco, impaurito, assalito da strani dubbi, Alex decise di non rischiare la vita e scelse di tornare indietro.
Richiuse la porta dell’androne ed entrò nella porta di legno pesante che lo introdusse nella grande stanza del piano terra. Provò, dimenticando che non vi erano interruttori, a tastare il lato della porta e questa volta ne trovò uno.
Accese la luce contro ogni speranza e vide questo locale, unico, con un vecchio divano leggermente di lato, verso la finestra chiusa, con le tapparelle quasi totalmente abbassate. Era una stanza vetusta, ma non completamente abbandonata.
Sul divano c’era un gatto che stava dormendo. Alex attraversò la stanza con tranquillità ma, all’atto di chiudere la porta, si accorse che il gatto era con lui, in mezzo ai suoi piedi.
Non se ne curò troppo, pensando che sarebbe rimasto nel pianerottolo. Invece salì con lui e s’infilò nella stanza. Anche qui Alex trovò l’interruttore, riflettendo che, probabilmente, erano tutti posizionati vicino alla porta di discesa (ma perché?). Inutile dire che il cane questa volta si svegliò, abbaiando con fare minaccioso e fissandogli la gamba destra. Ma qualcosa non quadrava: il gatto era in mezzo alle sue gambe, il cane smise di abbaiare. Alex iniziò a muoversi, pianissimo, ed entrambi i quadrupedi lo stavano seguendo…a modo loro. Infatti, con immenso stupore, si accorse che il gatto non aveva orecchie né coda e il cane era tripode. Non molto contento della cosa, anzi, abbastanza a disagio, si avvicinò alla porta per aprirla e si accorse che effettivamente non erano presenti interruttori.
Aprendola non riuscì a trattenere dentro i due animali, che lo seguirono pedissequamente.
Tirò un piccolo sospiro di sollievo pensando fosse l’ultimo piano da seguire, ma non era così. Ne restavano ancora due. La porta di medio spessore si aprì e la stanza, anche questa volta prontamente illuminata, si mostrò esattamente uguale alle altre. Con gli animali al seguito, attraversò la stanza non ricordandosi affatto di quale animale avesse avvertito la presenza durante la discesa. Chiuse la porta e si accorse che dietro la spalla destra vi era rimasto aggrappato qualcosa, ma non gli riuscì di scrollarsela di dosso.
Iniziò a correre impaurito e, mentre apriva la porta dell’ultimo piano immaginandosi un pipistrello, con la coda dell’occhio capì che, in realtà, un gattino gli aveva conficcato le unghie nella giacca, subito dietro alla scapola. E si ricordò dello stesso miagolio che stava sentendo adesso.
Ruotando al massimo il collo si accorse che il gattino si stava lamentando all’impazzata, impaurito, e capì che il piccoletto non riusciva ad aprire gli occhi. Proprio non li apriva, come se avesse le palpebre sigillate.
Finalmentè entrò, con tutti e tra gli animali, nell’ultima stanza. Ricordava il campanellino e finalmente vide arrivare il cagnolino zompettante. Ma una cosa fece trasalire Alex dallo stupore, fino a fargli finire l’aria in corpo, e bloccandogli quasi il successivo respiro: il cagnolino con il campanellino aveva un collare rosso ma non aveva la testa.
Al suo posto vi era un moncone cauterizzato. Il cagnolino era grigio e il moncone era di un colore che si faceva sempre più scuro fino alla sommità del collo.
Come faceva ad essere vivo quel cane? Ma dove diavolo era finito? Di chi erano quegli animali così strani? Perché questa angoscia disumana per una scarpa? Corse per tutta la stanza con quanta forza gli restava in corpo, con tutta la banda di animali che oramai non gli si staccava di dosso, con il micino aggrappato alla spalla che miagolava, col cagnolino senza testa che scampanellava, col tripode che zompettava, e col gatto adulto che stava facendo di tutto per farlo cadere…e ci riuscì. Da terra si rialzò come se stesse scacciando degli insetti, aprì la porta leggera e si trovò nell’ingresso, ma non vide la porta di uscita. I 4 poveretti oramai erano con lui perché non era assolutamente riuscito a lasciarli nella stanza. Perché non aveva il telefonino con sé? Perché lo aveva lasciato sulla panchina, probabilmente. Perché non sentiva Betty urlare da fuori?
Bettyyyyy, aiutooooo. Urlò, sperando di non essere sentito da altri se non da Betty. Nessuno rispose. E se fosse successo qualcosa a lei?
Perché c’erano solo muri in quell’atrio? Contro ogni volontà, rientrò nella stanza e notò che era l’unica che aveva un’altra porta. Perché non l’aveva vista prima? Spinse con tutta la forza che aveva in corpo, quasi per distruggerla e si ritrovò finalmente davanti alla porta d’ingresso.
Si fermò un attimo prima di aprirla e si accorse che oramai i cani e i gatti erano con lui.
La mano poggiata sulla porta…iniziando a spingere…la pressione della mano sul legno…gli occhi chiusi…cosa succederà agli animali…dove sarà Betty…avrei potuto provare ad entrare nel campetto? cosa dirà quando mi vedrà tornare senza la sua scarpa?
Quest’ultimo terrificante pensiero bastò per far svegliare Alex, per porre fine al suo incubo.
Betty stava dormendo nel letto insieme a lui, al suo fianco. Svegliati, devo raccontarti un sogno. Lei aveva una certa difficoltà a svegliarsi di soprassalto, tuttavia tentò di ascoltare con una certa attenzione.
Chissà, cosa vorrà significare, disse Betty. Mentre Alex stava tendando di riaddormentarsi con la speranza vana di concludere il sogno, Betty si alzò e andò in sala, dove tra l’altro vi era la cuccia del loro piccolo cane di casa.
Quando lei emise l’urlo…
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martedì 27 febbraio 2018
Quanti passi?
Ho lasciato il mio lavoro, come sapete, nel 2013 e nel 2017 ho raggiunto una laurea magistrale, facile o difficile che sia stato mi sono ritrovato in un tirocinio estivo presso un centro ricerche e sono andato anche oltre ma...quanto sono ancora distante?
Non so se avete o non avete obiettivi, ma, in qualunque caso, l'unico modo che ritengo esista per alzare un po' la testa e uscire allo scoperto è studiare.
A scuola, all'università, in azienda, a casa, nella vita.
La cultura personale, le capacità, le potenzialità possono essere accresciute esclusivamente con studio, impegno, applicazione.
Alzandosi da quello stato definito "normale" e aprendo le porte della mente, del cuore e del proprio corpo.
Penso di aver letto circa 40 libri sulla crescita personale negli ultimi 2 anni, oltre a corsi sulla legge di attrazione, sulle energie, su come studiare, sulla lettura veloce, su filosofie orientali e sulla psicologia.
Su come vendere in pubblico, su come il pensiero sembra influenzi il DNA e...quello che ci circonda.
Cosa? Il pensiero influenza qualcosa? Ma come fa? Cosa dicono tutti questi libri/siti/corsi?
Premesso che ognuno di noi dovrebbe fare il proprio percorso per trovare le sue esperienze, sostanzialmente le mie conclusioni, in forma striminzita, sono:
-vivi il tuo presente
-pensa, scrivi e poi fa' quello che vorresti fare, coerentemente con te stesso.
-studia
-fa'
-studia
-fa'
-ecc.
Facile no?
No, per niente. In realtà con me ha funzionato, ma ha richiesto una lunga preparazione.
Io volevo diventare un professionista, volevo uscire dalla normalità, ma tenendo i piedi per terra considerando che avevo 37 anni e una famiglia. Adesso mi trovo a frequentare un dottorato di ricerca, con borsa di studio, proprio nel ramo dell'innovazione industriale che era stato il fine di una mia proponente startup.
Coincidenze? Probabile, ma sembra che neanche il caso esista. E allora?
E allora sembra che se ti metti sulla giusta strada e ti dai da fare si possano aprire le porte. Dunque prendi una decisione e portala avanti, fa' in modo che questa decisione non sia influenzata da eventi esterni non positivi, e inizia a studiare tanto, a prepararti, a diventare bravo, molto bravo.
Ancora più bravo.
Ponendoti degli obiettivi senza perdere il focus sul presente si possono addirittura iniziare a contare i passi che ci dividono dai nostri sogni.
Non avete idea di quante persone mi hanno detto che ero un sognatore. Lo sono e lo sarò ancora per tanto tempo.
Considerando che ogni settimana lascio mia moglie e mia figlia e vado nel nord italia per il dottorato, i passi da fare sono ancora tanti e la cosa non mi dispiace affatto.
Riuscirò a diventare un professionista? Non lo so ma, del resto, a chi importa?
lunedì 26 febbraio 2018
ENEA
Classificare e caratterizzare diversi pannelli fotovoltaici da utilizzare per produrre elettricità, al fine di alimentare due elettrolizzatori per trasformare acqua in idrogeno.
E possibilmente abbozzare un progetto per la realizzazione di questo impianto.
Il tutto era parte, mi dissero, di un progetto europeo già avviato, denominato 3eMotion, che riguardava parecchie capitali europee.
Per Roma, la produzione di idrogeno sarebbe servita ad alimentare 5 autobus ad idrogeno.
Devo dire che l'idea solleticava i miei interessi, anche perché la nostra parte di produzione d'idrogeno era a zero emissioni. Mi sono buttato a capofitto nell'impresa, coadiuvato dal tutor/ricercatore assegnatomi, che mi guidò pazientemente in quelle giornate africane.
Arrivati a settembre, il progetto era pronto, ed era bello bello infilato nella mia bozza di tesi.
Tempo un altro mese, la tesi è stata corretta, consegnata e discussa.
Nel frattempo, avevo inviato circa 150 candidature ad offerte di lavoro prevalentemente su infojobs e linkedin, non dimenticando il mio obiettivo primario di diventare un professionista e di lanciare una startup sull'innovazione industriale.
Ho sostenuto circa 15 colloqui, rifiutato 2 proposte perché erano troppo urgenti e, alla fine, ho accettato una proposta da progettista r&ad vicino casa.
Ma, nel frattempo, avevo inviato la domanda per il concorso relativo al dottorato di ricerca in innovazione industriale, che scadeva il 30 ottobre.
E non potevo non partecipare al concorso.
...continua
mercoledì 6 dicembre 2017
Pensieri di ricerca
Probabilmente al lavoro in un ufficio tecnico, nonché all'edizione 2.1 del libro.
Da quel periodo, inizio estate, si sono rincorse parecchie novità.
La prima è che mi sono licenziato il 30 giugno, perché il lavoro non era di tipo ingegneristico.
La seconda è che a maggio avevo inviato la mia candidatura per un tirocinio curriculare all'ENEA, dopo aver visto un post della mia università su FB.
Ebbene, il 3 luglio sono stato scelto per il tirocinio per una ricerca sulle energie rinnovabili.
Alcune considerazioni:
-era da svolgere nei mesi agosto-ottobre
-non prevedeva alcun tipo di rimbrso
-non prevedeva attribuzione dei 6 crediti formativi poiché avevo già raggiunto tutti quelli sufficienti
-70 km da casa
Allora?
Nonostante molti mi avessero detto di lasciar perdere, io ci sono andato. In quale altra occasione avrei potuto mettere piede in un centro ricerche così grande?
...continua
giovedì 15 giugno 2017
Edizione 2.1
lunedì 27 febbraio 2017
Aggiornamenti
RIVINCITE E RAPPORTO DOCENTE-STUDENTE
Anche un viaggio di mille miglia comincia con un singolo passo. [Lao Tzu].
E tu, hai iniziato il tuo viaggio?
Se non sei un talento innato, se non vieni da una famiglia superfacoltosa (ma non è detto), se vuoi migliorare e crescere, se vuoi emergere ti tocca studiare. Da solo, nei corsi, in biblioteca, iscrivendoti all’università, terminando le scuole per il diploma, seguendo seminari, insomma fa’ un po’ come ti pare. Ci sono tantissime cose che non sai e la vita, di norma, prima ti presenta il conto e poi te lo spiega, piano piano. Prova ad anticiparla e fatti aiutare dall’investimento più redditizio che tu possa fare: rimettiti a studiare. Non basterà mai soltanto la pratica. Dovrai comunque assimilare nozioni di teoria che ti agevoleranno qualsiasi risultato. Non è un trucco. É la realtà.
Nessuno ti potrà mai portare via questo valore aggiunto che ti sarai autocostruito.
É vero, ci sono centinaia di imprenditori che hanno conseguito solo la quinta elementare, non hanno studiato in gioventù e hanno sbancato il mondo. Ma ti sei chiesto come hanno fatto? Pensi che oggi sia fattibile? Pensi che non abbiano comunque dovuto imparare nozioni di vendita, economia, finanza, ecc.? Aspetti davvero la vincita alle lotterie o che qualche azienda si svegli, noti la tua simpatia ed esperienza e ti chiami?
Non si finisce mai d’imparare e men che mai ci si può fermare al diploma, alla laurea, al dottorato. Anzi, tutto l’opposto. Coloro che hanno i migliori titoli e guidano importanti aziende non smettono mai di leggere centinaia di libri l’anno o di frequentare corsi. Ti sei mai chiesto perché? Io ci sto provando.
STUDIARE COI MANDARINI
Bambini, cosa significa mangiare un mandarino senza consapevolezza? Mangiando un mandarino, non sapete che lo state mangiando. Non ne gustate la fragranza e la dolcezza. Sbucciando il mandarino, non sapete che lo state sbucciando; staccandone uno spicchio e portandolo alla bocca, non sapete che lo state staccando e portando alla bocca; gustando la fragranza e la dolcezza del mandarino, non sapete che ne state gustando la fragranza e la dolcezza. Così facendo, non potete apprezzarne la natura splendida e preziosa. Se non siete consapevoli di mangiarlo, il mandarino non è reale. Se il mandarino non è reale, neppure chi lo mangia è reale. Ecco cosa significa mangiare un mandarino senza consapevolezza.
Bambini, mangiare il mandarino con presenza mentale significa essere davvero in contatto con ciò che mangiate. La vostra mente non rincorre i pensieri riguardo allo ieri o al domani, ma dimora totalmente nel momento presente. Il mandarino è totalmente presente. Vivere con presenza mentale e consapevolezza vuol dire vivere nel momento presente, con il corpo e la mente che dimorano nel qui e ora”.
sabato 21 gennaio 2017
Trasferimento sito completato
martedì 17 gennaio 2017
Mail ricevuta - 2 - La risposta
Non dimenticatevi d'iscrivervi alla newsletter, basta inviare una mail (anche vuota) a tornaastudiare@gmail.com (riceverete gratis l'audiolibro "Torna a studiare...dietro le quinte".
Riporto per memoria uno stralcio:
Ma non ho avuto il coraggio di presentare le dimissioni ed usare ciò che ho messo da parte per laurearmi entro i 3+2 anni ...e dopo? Riuscirò a reinserirmi di nuovo nel mondo del lavoro?
Cosa ti ha dato "coraggio" per presentare le dimissioni? Avevi già un piano pronto per il dopo laurea? Oppure sei stato determinato indipendentemente dal "dopo" o lo hai affrontato con ottimismo che sicuramente troverai qualcosa?..."
Trasferimento blog, iscrivetevi per le novità a tornaastudiare@gmail.com un simpatico regalo per tutti
Sto per passare su una piattaforma privata che si basa sull'ultima versione di wordpress, che permetterà una condivisione dei contenuti più efficace, un sistema di dialogo aperto (utilizzerò tutti gli strumenti a disposizione) e possibilità anche di interventi in diretta.
Oltre ad una sezione dedicata a documenti da scaricare (consigli, ebook, storie di successo).
Dal sito sarà possibile acquistare (ma solo per i più fedeli, però!) i manuali a prezzo scontato.
Iniziate ad iscrivervi alla newsletter inviando anche una mail vuota a tornaastudiare@gmail.com. In omaggio riceverete l'audiolibro "Torna a studiare...dietro le quinte".
Neri prossimi giorni vi indirizzerò direttamente al nuovo sito.
domenica 15 gennaio 2017
Torna a studiare 5 - La concentrazione, come trovarla e mantenerla
sabato 14 gennaio 2017
Studiare? Ma che dici...studiare fa schifo! Come ti viene in mente?
giovedì 12 gennaio 2017
NUCLEARE
Hai scelto l'università giusta? hai scelto il corso che fa per te? stai facendo bene?
martedì 10 gennaio 2017
Torna a studiare 4 - I corsi gratuiti on line
I corsi gratuiti on line sono facili o difficili? Sono efficaci?
Che ne pensate? Siete pronti?
https://www.amazon.it/Torna-studiare-Non-troppo-tardi-ebook/dp/B01C4ZXWG2
domenica 8 gennaio 2017
Recensioni libro "Torna a Studiare!"
La versione e-book costa 4,99 ed è disponibile su Amazon, Google Play, ITunes, Liberia Mondatori, IBS, ecc.
Gli insegnamenti che se ne possono trarre sono molteplici, ma due meritano una maggiore rilevanza:
- Studiare non è qualcosa di pesante ma può essere un piacere, è sufficiente cambiare approccio e punto di vista, avere curiosità ed essere affamati di conoscenza. Questo non vale solo per chi vorrebbe intraprendere o riprendere gli studi universitari, nella vita si studia sempre.
- Non esiste ostacolo né di età né di carriera scolastica mediocre per ricominciare da zero e farsi valere, anche in ambito universitario.
Consiglio questo libro a chi ha bisogno di una spinta per realizzare il proprio sogno, che sia quello di laurearsi o di intraprendere una strada che richieda un cambiamento nella propria vita
Poche pagine, ma argomenti molto importanti. E' un libro che fa riflettere.
Non mi aspettavo granché da un manuale sullo studio, ma mi sono dovuta ricredere. Mi ha fatto guardare dentro, questo è straordinario.